Ho letto una miserabile pila di cazzate, per certi versi consistenti con le cose che diceva Quintarelli, sulla meravigliosa, bellissima, doverosa (anche se in ritardo) direttiva europea DNA. Sulla quale, guarda caso, e' nata la solita campagna di “il miglioramento e' lo demonio” della solita associazione italiana spuntata dal nulla e finanziata da taluni.
Leggo con un misto di divertimento e incredulità delle grottesche proteste dei cosiddetti No Rodrigo — un gruppo che, con sorprendente serietà, si oppone al fatto che Jeff Bezos vorrebbe sposarsi a Venezia. A quanto pare, l'idea che un miliardario possa celebrare un matrimonio nella Serenissima turba profondamente la sensibilità di certi residenti e attivisti locali. Ma la vicenda è solo l’ultimo sintomo di una lamentela ben più ampia, che riguarda molte città del mondo — in particolare europee — e che si riassume in una parola ormai abusata: “overturismo”.
In questi giorni, è sufficiente sfogliare le prime pagine di qualsiasi quotidiano per essere travolti da un profluvio di retorica geopolitica, spesso superficiale, quando non del tutto fuorviante. Lo spettacolo mediatico della guerra – o, per meglio dire, lo Show della Guerra – monopolizza l’attenzione pubblica con una messa in scena tanto incessante quanto, in molti casi, manipolata. I riflettori sono puntati esclusivamente su un conflitto che, al netto della sua drammaticità reale, viene trattato come un prodotto da consumo emotivo, con una narrazione che scivola pericolosamente verso l’intrattenimento.
Ti accorgi di avere davvero degli amici quando, dopo qualche birra, la conversazione inizia a deviare verso territori affascinanti e insidiosi come la meccanica quantistica, la fantascienza o, per i più coraggiosi, i paradossi temporali. Il fatto curioso è che questi cosiddetti “paradossi” non esistono davvero: sono il frutto di un equivoco tutto mentale, radicato in una serie di pregiudizi cognitivi. Anzi, per essere precisi, si basano su alcuni errori concettuali fondamentali.
Si sente parlare sempre più spesso di un tema che, fino a poco tempo fa, pareva confinato nei circoli di smanettoni e trader: le stablecoin. Finalmente, però, ci si sta rendendo conto che questa nicchia del fintech non solo è concreta, ma sta rapidamente scalando i piani alti della finanza e promette di rivoluzionare le regole del gioco.
In Cina, l’oroscopo tradizionale associa ogni anno a un animale, seguendo un ciclo millenario. Io, invece, preferisco ampliare questa simbologia e aggiungere altri simboli, così da avere maggiore libertà espressiva. Così, mentre in Cina l’anno è dedicato al Dragone (credo) , per me – con l’inizio delle proteste a Los Angeles – comincia l’Anno del Popcorn.
Come ho già accennato, Internet offre al blogger – che, a differenza del giornalista tradizionale, spesso non ha il tempo né le risorse per un’indagine approfondita – la possibilità di esplorare in prima persona i fenomeni di tendenza. Frequentando forum, mailing list e una miriade di spazi digitali, ci si può avvicinare direttamente alle comunità di cui si intende scrivere, osservandone i comportamenti e raccogliendo testimonianze in modo quasi etnografico. Questa immersione diretta permette, a mio avviso, di acquisire una comprensione più profonda e autentica delle dinamiche in gioco.
Era un po’ che volevo scrivere di questo progetto, ma il continuo e snervante atteggiamento di chi esclama “ma come, tu blogghi con la IA?” mi spinge a farlo subito. Devo dire che è un esperimento interessante, anche se mi ha colpito un punto in particolare: loro fanno il prompt “al contrario” rispetto a come lo faccio io.
L’Italia, miei cari, è travolta da una catastrofe sociale di proporzioni bibliche, un flagello che, udite udite, condivide solo con gli americani, campioni olimpionici dell’arte di darsi arie da stronzi raffinati. Non sto parlando di tutti gli anglosassoni, badate bene: la working class britannica, quei signori che si scolano una pinta di birra tiepida in un pub con la moquette macchiata, non ha tempo per queste cazzate da fighetti, e lo stesso vale per i contadini australiani, troppo impegnati a tosare pecore o a lottare con canguri incazzati per inseguire pose da salotto. No, il problema, signore e signori, è il fighettismo in tutta la sua gloria del cazzo. E che diavolo è, direte voi, questo “fighettismo”?